Il
ritorno al pragmatismo europeo promette bene
Di
Carlo Pelanda
Il Natale è una
celebrazione della speranza. Non ci sono, tuttavia, buone notizie economiche in
questa fine del 2007. Inoltre gli scenari per il 2008 mostrano seri problemi
sia sul piano globale sia su quello italiano. Ma a ben guardare una buona notizia c’è. La sua rilevanza
economica è sfuggita perchè non è stata evidenziata dalle cronache: il 21
dicembre sono stati cancellati i confini fisici tra il lato occidentale e quello orientale dell’Europa. Questo è un passo fondamentale
per la formazione di un mercato unico europe e la sua
realizzazione finale sarà un beneficio per tutti sul
piano della ricchezza crescente. L’Europa ci ha fatto e si è fatta
un meraviglioso regalo. Ed in questo c’è anche una
lezione su cui riflettere.
L’idea di
un’Europa senza confini (Trattato di Schengen) fu
concepita nel 1985, a
Milano, quando fu siglato l’Atto unico, e non nel successivo negoziato per il
Trattato di Maastricht nei primi anni ’90. Questa annotazione è importante
perché fino al 1989 la
costruzione della casa comune europea fu attuata con un metodo diverso da
quello di Maastricht. Si chiamava “metodo funzionalista”
e, in sostanza, si basava sul principio di “integrazione graduale”, dal basso
verso l’alto. Mentre dopo il 1992, ed il 1999 con il lancio della moneta unica,
la costruzione europea venne tentata dall’alto verso
il basso, attraverso colpi di unificazione forzata. Che non
hanno funzionato perché le singole nazioni si sono trovate a disagio nel cedere
la sovranità in settori in cui non si sentivano pronte a farlo. Infatti l’Europa disegnata a Maastricht, per esempio il
tentativo di Costituzione Europea, può dirsi ormai fallita. Recentemente, a
Lisbona, i governi si sono accordati per salvare l’impianto europeo, ma
svoltando chiaramente verso un modello di Europa delle
nazioni, dove le seconde sono più forti della prima, abbandonando quello di una
Unione europea con forza superiore alle nazioni stesse. Molti hanno commentato
con amarezza questo ritorno al passato percependo nell’affermazione degli
interessi nazionali su quello europeo una regressione. Chi scrive, invece, ritiene
che tale svolta renderà più veloce l’integrazione europea sostanziale. Proprio
l’estensione del Trattato di Schengen ai Paesi
europei orientali, con l’eccezione di Romania e Bulgaria, ne
è una prova. Il metodo funzionalista prescrive
di integrare le nazioni europee in quei settori dove tutti riconoscono un
vantaggio e di posporre quelli dove una o più sentono problemi, lasciando al
futuro le soluzioni di integrazione ulteriore. Senza
strappi o forzature. Grazie all’applicazione di tale metodo possiamo andare da
Lisbona ad Helsinki, e da Stoccolma a Palermo, in auto
senza mai trovare una dogana. Con il metodo dello strappo, invece, abbiamo
costruito molto meno e perfino rischiato la dissoluzione. Il messaggio è
chiaro: il tentativo gerarchico ed accelerato di costruire un mercato unico
europeo è fallito. Ma quello funzionalista/pragmatico
mostra di saper dare risultati, pur più lentamente. Prima della Costituzione
europea sarebbe più utile avere un Codice civile europeo unico, un sistema borsistico e bancario integrato e, appunto, la
cancellazione delle barriere doganali e delle sbarre di confine. In
conclusione, bisogna tornare al sano pragmatismo ed abbandonare l’idealismo.
Così funzionerà e l’Europa diventerà un mercato di mezzo miliardo di persone,
ordinato secondo regole europee, nostre, grande
abbastanza per reggere qualsiasi tempesta globale. L’ottimismo per il futuro è
quindi giustificato.
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